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Corte d'Appello di Bologna > Prove
Data: 23/07/2002
Giudice: Di Stefano
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 342/01
Parti: Coop Adriatica/ Sandra B. + 3
INCAPACITA' A TESTIMONIARE DI CHI E' PARTE IN CAUSA CONNESSA: INSUSSISTENZA - IMPUGNAZIONE LICENZIAMENTO A MEZZO TELEGRAMMA: CONDIZIONE DI VALIDITA' - RINVIO DELL'ATTO D'APPELLO AGLI SCRITTI DIFENSIVI DI PRIMO GRADO - DEVOLUZIONE DEL MERITO


Una società di servizi che ogni anno assume a tempo determinato oltre cento lavoratori come operatori al computer per ausilio nell'attività di denuncia dei redditi, nel maggio 1996 - prima della scadenza del termine dei contratti - verificava l'esistenza di un vizio nella loro sottoscrizione, avvenuta successivamente all'inizio della prestazione lavorativa. Decideva così di trasformare tutti i contratti a tempo indeterminato, aprendo però successivamente una procedura di mobilità per riduzione del personale e comunque per giustificato motivo oggettivo. La procedura si concludeva, per la volontà quasi unanime dei lavoratori appositamente riuniti in assemblea, con un verbale di accordo sindacale seguito da accordi individuali sottoscritti dalla stragrande maggioranza degli interessati. Quattro lavoratrici, però, a distanza di tre anni, impugnavano con separati ricorsi i loro licenziamenti. Il giudice di primo grado, riuniti i processi, respingeva i ricorsi: per quanto riguarda due posizioni, perché i licenziamenti non erano stati mai impugnati, neppure in via extra-giudiziale; per le altre due posizioni ritenendo che il telegramma dettato per telefono non fosse idoneo a costituire valida impugnazione. La sentenza veniva impugnata con atto di appello con il quale veniva contestata la decisone del Tribunale e riproposte le questioni di merito sollevate in primo grado (non affrontate in primo grado) con un richiamo "a quanto già detto nei ricorsi introduttivi". La Corte d'Appello disponeva un'istruttoria sulle modalità di spedizione del telegramma, affermando preliminarmente che "le riunioni di controversie connesse in materia di lavoro non priva le persone che rivestano la qualità di parte in qualcuna di esse, e siano nel contempo indicate come testi in altre, della capacità a testimoniare" richiamandosi a precedenti della Corte Costituzionale (sentenza n. 64 del 14.4.1980) e della Corte di Cassazione (sentenza n. 2593 del 11.7.1956). Alla luce delle testimonianze riteneva valida l'impugnazione dei due licenziamenti effettuata tramite telegramma, essendo risultata provata la provenienza dalle interessate, in conformità con quanto disposto da Cass. 30.10.2000, n. 1497. Censurava però, rispetto al merito - richiamandosi a Cass. 14.4.2000, n. 4861 - il semplice rinvio agli scritti difensivi di primo grado, ritenendo che esso "non costituisce uno strumento idoneo per operare la devoluzione di un punto della causa al giudice di secondo grado, ove non siano manifeste le ragioni che sorreggono il gravame sul punto (…) restando la cognizione del giudice dell'appello circoscritta dalla devoluzione operata dalla parte appellante". La Corte dichiarava comunque infondato l'appello ritenendo: a) che esistessero i presupposti richiesti dalla legge n. 223/1991 perché fosse possibile procedere alla riduzione di personale: dall'istruttoria espletata era infatti risultata l'eccedenza, rispetto alle esigenze organizzative della società Teorema Bologna, dei 133 lavoratori assunti, per esigenze stagionali, con contratti a termine; b) che la procedura fosse stata espletata nel rispetto dell'art. 4 della legge n. 223/1991; c) che i criteri di scelta fossero stati rispettati, ed in particolare "per le esigenze tecnico-produttive ed organizzative (...) oggettivamente insite nell'abnorme aumento dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminatos




Corte d'Appello di Bologna > Prove
Data: 17/07/2003
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 176/03
Parti: Gondrand SpA / Giorgio U.
REGISTRAZIONI TELEFONICHE - MANCATO VALORE PROBATORIO DELLE STESSE IN CASO DI DISCONOSCIMENTO DA PARTE DEL DESTINATARIO.


Un lavoratore che assumeva di essere stato licenziato oralmente e che il suo datore di lavoro aveva utilizzato una lettera di dimissioni di cui disconosceva la sottoscrizione - e che comunque asseriva essere stata eventualmente rilasciata "in bianco" - conveniva in giudizio avanti al Pretore del lavoro di Bologna la società producendo in giudizio una registrazione telefonica. Il datore di lavoro ne disconosceva il contenuto ed il Tribunale (nel frattempo succeduto all'Ufficio del Pretore soppresso) non ammetteva la richiesta CTU e respingeva il ricorso. In sede di appello la Corte di Bologna, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, stabiliva i seguenti principi: - non è vietata la riproduzione da parte del destinatario di un messaggio telefonico, incriminando l'art. 615 bis cod. pen. solo le indebite interferenze da parte di terzi estranei alla conversazione (Cass. n. 8219/96; n. 12206/93); - Il giudice può dedurre argomenti di prova da una registrazione su nastro magnetico solo quando almeno una delle parti, tra le quali la conversazione si svolge, sia parte in causa (v. Cass. n. 8216/96); - un nastro magnetico contenente la registrazione di un colloquio non può essere assimilato ad un documento, esigendo detto nastro verifiche, anche di natura tecnica, circa le modalità di formazione e la mancanza di manomissioni (Cass. n. 8219/96; n. 1862/96; n. 4171/87); - la registrazione su nastro magnetico può costituire prova a norma dell'art. 2712 cod. civ. solo se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta e il tenore risultante dal nastro ( Cass. n. 12715/98; n. 8219/96); Poiché nel caso esaminato dalla Corte d'Appello il datore di lavoro aveva tempestivamente negato che la conversazione fosse effettivamente avvenuta anche la Corte - così come il primo giudice - non ha ritenuto ammissibile il giudizio di verificazione applicabile alle scritture private




Corte d'Appello di Bologna > Prove
Data: 21/11/2005
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 753/05
Parti: Andrea L. / Bimota SpA
INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE – PRESUNZIONE DI CONOSCENZA DELLA LETTERA RACCOMANDATA


Invero la vicenda qui trattata assume importanza, a prescindere dall’oggetto di causa (opposizione a precetto a seguito di intimazione di pagamento da parte dell’Istituto previdenziale) per le argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello di Bologna in merito alla presunzione di conoscenza delle lettere raccomandate: sulla scorta di una recente pronuncia di Cassazione sono infatti sempre più frequenti le eccezioni di legali dei datori di lavoro in merito alla presunta mancata prova dell’impugnazione di licenziamento ovvero dell’invio di un certificato medico. Secondo Cass. Civile Sez. III 12 maggio 2005, n. 10021 la dimostrazione che una raccomandata sia stata ricevuta dal destinatario non varrebbe di per sé a dimostrare quale fosse il contenuto della lettera e quindi, in caso di contestazione, sarebbe onere di chi pretende che da quella ricezione siano derivati effetti giuridici, dimostrare il reale contenuto della missiva. Tale principio è stato per esempio pericolosamente accolto dal Tribunale del Lavoro di Milano (Sent. 27 maggio 2005 n. 2966) proprio in un’ipotesi di contestata recezione di certificato medico, e conseguente licenziamento per assenza ingiustificata.

Nel caso in esame, invece, i giudici bolognesi osservano che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la presunzione di conoscenza da parte del destinatario - posta dall’art. 1335 cod. civ. - delle dichiarazioni dirette ad una determinata persona che siano giunte a destinazione, opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo indicato dalla norma, indipendentemente dal mezzo di trasmissione adoperato e dall’osservanza delle disposizioni del codice postale. “Incombe pertanto sullo stesso destinatario l’onere di provare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza della medesima e, quindi, anche l’onere di provare la non corrispondenza della dichiarazione inviata a quella di cui il mittente conservi la copia (v. Cass. n. 8073/02)”. La Corte d’Appello rammenta come anche la Suprema Corte abbia chiarito che la lettera raccomandata o il telegramma costituiscono “prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta di spedizione, da cui consegue la presunzione fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 cod. civ. dello stesso (v. Cass. n. 21133/04; n. 10284/01)”. Per quanto concerne la raccomandata, la presunzione opera anche caso di smarrimento della cd. cartolina di ritorno, purché la spedizione sia attestata dell’ufficio postale attraverso il rilascio della ricevuta: da questa, “anche in mancanza dell’avviso di ricevimento, può desumersi la presunzione del suo arrivo a destinazione in considerazione dei particolari doveri che la raccomandata impone al servizio postale, in ordine al suo inoltro e alla sua consegna (v. Cass. n. 9681/98; n. 5821/02; n. 15818/03)”.

Trattasi, però, di una presunzione semplice di ricezione, che può essere vinta dal destinatario “provando con qualsiasi mezzo di non aver avuto notizia dell’atto senza sua colpa, ovvero che il plico raccomandato non conteneva alcuna lettera al suo interno o che conteneva altro (v. Cass. n. 771/04)”. Con una simile soluzione – che nel caso specifico ha portato la Corte a ritenere provata l’intervenuta interruzione della prescrizione del diritto contenuto nel titolo posto a fondamento dell’atto di precetto opposto, e quindi a rigettare l’appello contro l’INPS – riteniamo sia più equamente ripartita la distribuzione dell’onere della prova tra le parti, risultando altrimenti eccessivamente gravoso per il mittente provare, ad esempio, il fatto - assolutamente presumibile - che la busta pervenuta al destinatario pochi giorni dopo la spedizione della raccomandata contenesse quello specifico documento: sarà infatti il destinatario a dover provare il contrario.